Riccio

Gli animali traggono l’energia necessaria alle loro funzioni vitali dal cibo (per esempio per mantenere la temperatura corporea costante e per il movimento) ma durante l’inverno, quando le temperature scendono ed il cibo scarseggia, il rischio è quello di consumare troppe energie per procurarselo e quindi di non riuscire a sopravvivere.  Così, mentre molti uccelli affrontano i rigori dell’inverno migrando a sud, verso zone più miti, alcuni mammiferi vanno in letargo. Non si tratta semplicemente di “dormire”, anche se il sonno è necessario per il benessere e la salute degli animali, ma di qualcosa di ben più complesso. Il letargo, infatti,  è una strategia evolutiva, per risparmiare energia e per evitare di doversi nutrire durante i mesi più freddi, durante il quale le funzioni fisiologiche di questi animali cambiano: la temperatura ed i battiti cardiaci vengono ridotti al minimo mentre vengono consumate le riserve di grasso accumulate durante il periodo di pre-letargo.

Per i mammiferi insettivori come il Riccio (Erinaceus europaeus) la migrazione non è una strategia attuabile ed è quindi indispensabile per lui adottare quella del letargo. Dal mese di novembre molti ricci iniziano l’ibernazione ma a dicembre tutti entreranno in letargo (a meno che non vivano in una località calda dove riescono a procacciarsi cibo nella quantità necessaria per poter sopravvivere fino a primavera). Questa strategia però non è esente da rischi: un inverno molto lungo e costantemente rigido è molto rischioso per la maggioranza dei ricci mentre, i giovani e gli ultimi nati, possono essere incapaci di affrontare comunque l’inverno, se le riserve di grasso accumulate non sono sufficienti per l’intero periodo invernale e se non hanno raggiunto un peso minimo di almeno 600 grammi prima di entrare in letargo. Questo è stato proprio uno dei problemi che hanno causato il ricovero di uno dei tre ricci in cura a febbraio del 2009 nel nostro Centro Recupero Fauna Selvatica LIPU del Molise, realizzato e gestito grazie ad una Convenzione con la Provincia di Campobasso (chiuso dal 2013 per mancanza fondi). Si tratta di un giovane riccio femmina che è stato trovato a Campobasso, ad inizio novembre 2008, e ci è stato tempestivamente consegnato da privati sensibili e attenti. Nel momento del ricovero aveva tre mesi di vita, pesava appena 200 grammi (1/3 del peso ottimale minimo per affrontare il letargo) ed era molto disidratato e debole. Tutte condizioni che lo avrebbero portato a morte certa. Le cure adatte, l’attento e costante controllo di personale specializzato, gli hanno permesso di poter affrontare l’inverno al sicuro insieme ad altri due ricci che, per problemi diversi ma altrettanto pericolosi per la loro vita (una grave polmonite ed una grave emorragia dovuta ad impatto con un auto), sono stati ricoverati nello stesso mese e sono attualmente tutti in cura. Nel mese di febbraio, i ricci, affrontano l’ultima parte del periodo di  ibernazione, quando le riserve di grasso che gli hanno permesso di affrontare l’inverno sono quasi esaurite, e pesano circa la metà del loro peso di pre-ibernazione. Durante le miti notti di marzo abbandonano temporaneamente il loro rifugio affamati per cercare il cibo ma possono rientrare in letargo, se le temperature si abbassano nuovamente. Quest’ultimo periodo è molto pericoloso per la loro sopravvivenza, soprattutto se l’inverno ed il freddo si protraggono troppo e se il cibo continua a scarseggiare. Da metà aprile sono nuovamente e pienamente attivi tutte le notti, mangiando lumache, lombrichi ed altre larve ma anche molti altri tipi di insetti ed invertebrati.

Un serio pericolo per i Ricci  è rappresentato dai prodotti lumachicidi che avvelenando le loro prede preferite (chiocciole e limacce) entrano nel loro corpo attraverso il cibo uccidendo così diversi ricci ogni anno. Altre minacce dirette sono rappresentate dai decespugliatori e altri attrezzi agricoli soprattutto se elettrici; dalle reti o similari, abbandonate all’aperto; da secchi, pozzi, tombini e griglie lasciate aperte; dalla bruciatura e dalla rimozione di cataste di legna, di foglie, di paglia, di compost o di siepi durante il periodo del letargo o dell’allattamento dei piccoli, dagli incendi in genere e dalle strade su cui molti di loro vengono investiti. Non è raro incontrare piccoli orfani che però devono essere assolutamente consegnati a personale specializzato poiché hanno bisogno di un latte speciale, delle cure adatte secondo l’età e le condizioni generali del singolo cucciolo, di uno svezzamento appropriato ed un riambientamento fatto nei tempi e nei modi più appropriati al singolo caso. 

I ricci iniziano a maggio il periodo del corteggiamento, la gestazione dura un mese ed i piccoli nascono (fine maggio-giugno) senza spine con un peso che va dai 7 ai 25 grammi ed una lunghezza che varia dai 5 ai 10 centimetri. I piccoli vengono allattati per quattro settimane durante le quali i loro aculei iniziano a pungere sempre più, aprono gli occhi, raggiungono circa i 100 grammi di peso e iniziano ad attuare difese come quella di “arricciarsi”. Durante la quarta settimana iniziano anche la vera e propria fase di apprendimento: guidati dalla mamma viene insegnato loro ad essere sempre più autonomi, a riconoscere ciò che è commestibile e ad imparare a catturare le loro diverse prede. La fase di apprendimento dura oltre un mese e, verso settembre, i ricci iniziano a disperdersi. Da settembre a novembre trascorrono l’intera notte (e quasi tutte le ore di buio) alla ricerca di cibo, mangiando e accumulando così le riserve di grasso necessarie per poter superare l’inverno con successo.

Il Riccio ha da sempre attratto l’attenzione dell’uomo ma non sempre con risultati positivi. Sono stati a lungo perseguitati dai cacciatori, poiché a volte mangiano uova, e veniva loro attribuita (ingiustamente) la responsabilità della mancata riproduzione di specie cacciabili. In altre famose storie e nelle rappresentazioni artistiche sono stati spesso raffigurati ricci che trasportano frutti sulla schiena, di cui farebbero scorta per nutrirsene in un secondo tempo. Sebbene i ricci possano nutrirsi di alcuni frutti, anche se non costituiscono che una piccolissima percentuale della loro dieta, non sono però capaci di trasportare frutti a questo scopo e nutrirsene in un secondo tempo poiché non rientra nel loro comportamento. Un’altra leggenda è quella che essi sono immuni ai veleni, come quello delle vipere, ma il motivo per cui riesce spesso a sopravvivere ad un incontro di questo tipo è che, oltre ad attaccare per primo i serpenti (poiché in carenza di cibo si nutre anche di essi), quando sta per essere morso fa degli scatti rapidi, portando le spine in alto, e quindi riesce a non essere morso affatto o a far penetrare solo pochissimo veleno nella sua cute.

In Cina, i luoghi in cui erano presenti i ricci erano considerati sacri, mentre in molte parti d’Europa era vietato ucciderli, mangiarli, cacciarli o catturali. La natura ha dotato questi splendidi e simpatici animali di “peli modificati in aculei” e l’uomo ha spesso rispettato questa speciale ed inconsueta caratteristica anche se oggi, con i cambiamenti climatici in atto e con l’impatto delle sue attività quotidiane, sta rendendo sempre di più difficile la vita a questa ed altre specie.

© Autore Angela Damiano — Pubblicato sul periodico  “La Fonte”

Peli pungenti